In attuazione della legge delega n. 23/2014 (Delega in materia fiscale) il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 26.06.2015, ha approvato n. 5 schemi di decreti legislativi attuativi della predetta delega.

In particolare, lo schema di decreto n. 3, riguarda la materia penaltributaria e, in attuazione dell’art. 8 della succitata legge delega che indica i princpi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio in materia penale tributaria, introducendo importanti novità in relazione all’impianto sanzionatorio del d.lgs. n. 74/2000.

Di seguito, verranno illustrate in sintesi le principali novità, rinviando per un esame compiuto alla relazione ilustrativa allo schema di decreto, reperibile sul sito web del Governo.

Le principali modifiche normative, ispirate ad una logica di riduzione dell’area del penalmente rilevante, incidono a grandi linee sul sistema sanzionatorio penale ed amministrativo.

Partendo dalle modifiche al sistema sanzionatorio penale.

1.Sistema sanzionatorio penale dei reati tributari (d.lgs. 74/2000)

Il sistema sanzionatorio, in ossequio ai criteri e principi della legge sanciti all’art. 8 della legge delega n. 23/2014, è stato profondamente rivisto al fine di attuare i principi di effettività, proporzionalità e certezza della risposta sanzionatoria di condotte illecite penali e amministrative.

Tra gli obiettivi perseguiti vi è quello di delineare meglio i rapporti tra sanzione penale e sanzione amministrativa e soprattutto di ridurre l’area del penalmente rilevante, tenendo conto dei comportamenti che, seppure illeciti, sono comunque privi di elementi fraudolenti.

I comportamenti ritenuti meno gravi, pertanto, saranno puniti solo con sanzione amministrativa, graduando così le sanzioni in relazione al disvalore giuridico del fatto concreto ed evitando il sovrapporsi di un procedimento penale, che sovente si risolve in un’inefficacia a quello amministrativo.

La riforma mira ad evitare che per uno stesso fatto ci si trovi a dover affrontare un procedimento amministrativo ed uno penale nei casi in cui la condotta dimostra minor disvalore sociale e ciò accade in tutti i casi in cui non si è di fronte a condotte fraudolente, ad esempio, nel caso di omesso versamento dell’I.v.a., laddove non raggiunga la soglia dei 250.000€ in un anno di imposta non si avrà procedimento penale ma solo sanzione amministrativa.Tra le misure introdotte per attuare gli obiettivi sopra descritti, vi è l’introduzione soglie di punibilità quantitative al di sotto delle quali il fatto ha solo rilievo amministrativo.

La sanzione sarà solo amministrativa ad esempio per l’omesso versamento di ritenute certificate previsto e punito dall’art. 10bis: la soglia di rilevanza penale viene infatti innalzata ad 150.000€ per ogni periodo di imposta, e per l’ omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (p.e p. dall’art. 10ter) innalzata a 250.000€, per ogni periodo di imposta.

Da un lato, la riduzione delle fattispecie di rilievo penale è persuguita attraverso l’introduzione di nuove ipotesi di non punibilità mediante la previsione di soglie di non punibilità più alte, dall’altro mediante la previsione non punibilità in sede penale per l’estinzione del debito fiscale prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (vedasi nuovo art. 13 d.lgs. 74/2000).

Se da un lato la riforma prevede un trattamento maggiormente indulgente per i fatti di minor disvalore sociale, dall’altro sono, invece, rese più severe le sanzioni penali in caso di comportamenti fraudolenti, artificiosi e simulatori ritenuti maggiormente insidiosi e sfeggenti ai controlli dell’amministrazione finanziaria dei quali vengono dilatati i confini di applicazione e aggravate le pene.

Tra questi, le fattispecie previste e punite agli articoli 2, 3, 8, 11, 10quater d.lgs. 74/2000 e art. 11 legge 241/2011, connotate da una fraudolenza in senso oggettivo per i quali vengono ampliati i confini applicativi.

Ad esempio, l’art. 2 che punisce la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti diventa ora un reato comune (e non più, come è oggi, reato proprio dei soli contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie) il che significa che è soggetto attivo del reato chiunque presenti dichiarazione dei redditi e dichiarazione Iva in maniera fraudolenta (ad esempio producendo docuementi falsi come prove all’amministrazione finanziaria o simulando delle operazioni inesistenti).

Viene inoltre introdotta una circostanza aggravante speciale ad effetto speciale in caso di contributo alla commissione del reato da chi operi nell’esercizio di un’attività di intermediazione fiscale per il quale è previsto un aumento di pena fino alla metà.

Un ulteriore elemento di novità è rappresentato dall’introduzione, nel corpo normativo del decreto n. 74/2000, di un articolo dedicato alla confisca obbligatoria del prezzo o del profitto nel caso di sentenza di condanna o d applicazione pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) per i delitti tributari: l’art. 12bis che sostituisce l’attuale rinvio all’art. 322ter c.p..

Inoltre, viene espressamente previsto che la confisca non operi per la parte di profitto o prezzo che può essere restuituita all’Erario (art. 12bis, co 2).

Altra novità di rilevante impatto pratico: il nuovo articolo 13 d.lgs. 74/2000, per come modificato dall’art. 11 del decreto, introduce una causa di non punibilità allorquando i debiti tributari vengano pagati integralmente (ossia con sanzioni ed interessi) prima della dichiarazione di apertura del dibattimento del processo penale di primo grado.

Al primo comma dell’art. 13, è revista la non punibilità dei reati di cui agli articoli 10bis, 10ter e 10quater (limitatamente alle ipotesi del 1 comma) qualora i debiti siano stati pagati priam della dichiarazione di apertura del dibattimento.

La ragione di questa previsione sta nella possibilità data al contribuente di eliminare la rilevanza penale della propria condotta adempiendo, pur non spontaneamente, al pagamento del proprio debito con l’Erario, e in tal caso, ricorreranno solo le sanzioni amministrative.

Al comma 2, l’art. 13 prevede la non punibilità come conseguenza di comportamenti spontanei del contribuente: per la dichiarazione infedele e per la omessa dichiarazione, infatti, se i debiti tributari comprensivi di sanzioni ed interessi siano pagati per effetto del ravvedimento operoso ovvero la dichiarazione venga presentata entro la scadenza della presentazione della dichiarazione successiva.

Al successivo art. 13bis, introdotto ex novo, viene disciplinato infine il caso in cui il contribuente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento del processo penale di primo grado, stia provvedendo a pagare il proprio debito tributario mediante rateazione concordata con l’Erario; in tali ipotesi, anche ai fini di beneficiare di circostanze attenuanti, è data possibilità al contribuente di pagare il debito entro tre mesi, prorogabili dal giudice penale di altri 3 mesi, e in caso di estinzione dell’intero debito tributario beneficerò del dimezzamento sanzione, senza incorrere nell’applicazione di sanzioni accessorie alla pena principale (art. 13Bis).

Resta, invece, ferma al comma 2, dell’art. 13, la limitazione all’applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) alle sole ipotesi in cui si sia provveduto all’integrale pagamento del debito tributario o allorquando il contribuente abbia pagato per effetto del ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi del comma 2 dell’art. 13 (ipotesi della dichiarazione infedele e dell’omessa dichiarazione).

2.Revisione del sistema sanzionatorio amministrativo (brevi cenni).

Quanto alle sanzioni amministrative, il decreto dà attuazione al principio di proporzionalità delle risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano le imposte dirette, l’iva e la riscossione dei tributi.

L’obiettivo è quello di graduare le sanzioni, anche riducendole per gli illeciti di più lieve disvalore.

Ad esempio, in caso di omessa dichiarazione, la sanzione è proporzionale al ritardo nell’adempimento.

Se la dichiarazione viene poi presentata entro il termine per la dichiarazione dei redditi successiva, la sanzione base è ridotta della metà. Nei casi di condotte fraudolente, invece, la sanzione viene aumentata del 50%. E’ prevista inoltre una riduzione di un terzo della sanzione base nel caso in cui la maggiore imposta accertata o il minore credito accertato siano complessivamente inferiori al 3% rispetto all’imposta o al credito dichiarato.

Un’ultima considerazione degna di nota riguarda la entrata in vigore del decreto e la sua vigenza temporale.L’art. 31 dello schema del decreto approvato il 26.06.15, prevede che le disposizioni del decreto si applichino dal 1°gennaio 2016 e fino al 31.12.2017.

Con tale inconsueta disposizione viene data una circoscritta efficacia temporale al decreto, il che ne limita la portata riformatrice e pone evidenti questioni di diritto intertemporale per i fatti commessi sino ad oggi che verranno giudicati nel biennio di vigenza del decreto.

Resta da vedere quali saranno le determinazioni del legislatore delegato nella versione definitiva del decreto.

Per un approfondimento del tema.

http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=78876#correla
http://www.penalecontemporaneo.it/novita_legislative_e_giurisprudenziali/1-/4079-osservazioni__di_prima_lettura__allo_schema_di_decreto_legislativo_in_materia_penaltributaria/